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Un uomo di calcio a 360°: Marco Pennacchioni

Ciao Mister, come stai vivendo questo periodo?

È dura star fermi e non avere la giornata piena delle cose che piacciono: il lavoro, i clienti, il calcio, l’Hellas, la palestra, la pizza, la passeggiata, anche e soprattutto il San Zeno con gli allenamenti e le partite.

Parallelamente però penso che forse tutti dovevamo rallentare e riflettere per capire (speriamo …) che forse la nostra frenesia, bramosia, avidità stavano portando il nostro pianeta verso l’implosione. Ma c’era bisogno proprio di questa pandemia? C’era proprio bisogno di sacrificare tutte queste vite, spesso i più deboli, gli innocenti o gli incolpevoli?

Ti mancano i tuoi ragazzi?

Certo che sì! Ci tengo sempre a dire che non sono i “miei Ragazzi” ma i “nostri Ragazzi”!  Perché c’è la mia valida spalla “Pelli” e tutto lo Staff, prezioso ed efficiente. 

Vi sentite?

Si, ma poco, al telefono: li ho chiamati quasi tutti un paio di volte; ma sono un po' titubante perché non vorrei accendere l’interruttore della nostalgia e appesantire la consapevolezza di questa situazione che sembra quasi la sceneggiatura di un film.

Ci pensano spesso lo staff ed il Team Manager Nicola a stimolarli con qualche iniziativa Social e quotidianamente posto anch’io qualcosa su WhatsApp sperando di farli sorridere.

Cosa ti manca di più? La partita o gli allenamenti?

Entrambi. Perché riempiono la settimana e ti stimolano ad inventare sempre qualcosa di nuovo per alzare l’asticella con nuovi obiettivi e a migliorarsi divertendosi. Ma manca anche tutto quanto fa da cornice: il profumo dell’erba, i riti dello spogliatoio, la battuta, la programmazione e il confronto con gli altri allenatori.

Raccontaci quando hai iniziato a giocare a calcio e la tua storia calcistica?

A San Bernardino sin all’asilo e dal 1970 in parrocchia al Tempio Votivo dopo il catechismo: era l’appuntamento obbligatorio di tutti i pomeriggi dell’anno.

In quinta elementare iniziai il primo campionato CSI con i Pulcini a 7 nel Porta Nuova: volevo solo giocare ala sinistra nel mito dei grandi attaccanti degli anni ‘70: Gigi Riva, Anastasi,  Boninsegna, Gringo Clerici e Chinaglia, i giovani emergenti Paolino Pulici  Roberto Bettega e Luciano Chiarugi ed infine il nostro Gianfranco Zigoni.

Il campo era in Via Città di Nimes dove ora c’è il parcheggio, una specie di Busa anche quella … Avevo ormai girato tutti i ruoli e nel 1977-78 finalmente il primo campionato FIGC con gli Esordienti a 11, il mio ruolo? Libero, ma l’anno successivo giocai terzino e mediano. Dopo una parentesi al Lloyd, tornai da Allievo al Porta Nuova e iniziammo un ciclo che ancora mi emoziona a ripensarci: allenati da Franco Frasi (ex gialloblu artefice della prima promozione in A del Verona nel 1957) furono anni stupendi: il passaggio da adolescenti ad ometti, un gruppo coeso di amici sinceri e soprattutto: quel Mister!  

Negli Allievi Frasi ebbe una felice intuizione: mi impiegò da stopper e feci 30 presenze da titolare su 30 partite, senza una sostituzione, con zero ammonizioni e senza che il mio diretto avversario segnasse MAI (n.d,r. si marcava a uomo …).

Quando 3 compagni di squadra partirono per il Servizio Militare, ci trovammo in emergenza a centrocampo: io ero il meno scarso (coi piedi) e con tanta corsa. Frasi allora mi spostò a centrocampo. Vincemmo il girone Under 19 provinciale dopo uno spareggio a Veronello contro il Rosegaferro, alle finali lasciammo strada alle più quotate San Martino e Sambonifacese. Dopo il campionato U23 nell’agosto 1984 passammo in blocco in 1° Categoria al Quinzano per effetto della fusione delle due società; per scaramanzia tenni valido l’abbonamento all’Hellas e alla 1° giornata Frasi mi fece capire che non sarei stato titolare: non fui convocato e così andai a vedere Hellas vs Napoli: 3-1 (Briegel, Galderisi, Bertoni, Di Gennaro) ed iniziò un altro sogno ....

Quell’anno Frasi fu esonerato senza lungimiranza dalla dirigenza e rimasi ben volentieri nell’Under 21 così potevo andare allo stadio la domenica pomeriggio a vivere da vicino una stagione giallo-blu irripetibile! 

Con un gruppo di ex-compagni ricreammo il Porta Nuova ed arrivò subito la soddisfazione salire in 2° categoria e di sfiorare addirittura la promozione in 1°.

A causa di due gravi infortuni e altrettante operazioni al ginocchio, decisi di passare al Foroni Amatori dal 1989 e furono dodici campionati con un gruppo di amici straordinari: ero un generoso e giocavo in quasi tutti i ruoli di centrocampo.

Nel 2001 mi ritrovai ad allenarmi e giocare in Basso Acquar con la Tebaldi nell’attuale Pellini Stadium (seconda coincidenza granata), ma dopo la partita del sabato i dolori mi costringevano a fermarmi per tutta la settimana e nel 2002 a 37 anni suonati capii che era arrivato il momento di smettere.

Nell’autunno del 2002 feci subito il corso allenatori UEFA B e mi sono ritrovato a fare l’allenatore molto presto.

Ma perché Penhu?

Era la primavera ’79 e tornati a casa dal Lorgna durante l’ora di pranzo una delle prime emittenti private (forse Triveneta) trasmetteva le partite di calcio brasiliano ed al campetto per tutti divenne obbligatorio il nome brasiliano. Nacquero così Sandrao .. Carlao .. Paulinho .. Zinho Pennaquinho e allora Gastinho disse Penhu e da allora è Penhu, per tutti e ovunque.

Come sei arrivato a San Zeno?

Il San Zeno negli anni ’80 faceva i campionati regionali e noi del Porta Nuova che facevano i provinciali eravamo un pò i cugini poveri e snobbati.

Nei primi anni da allenatore venni a giocare delle belle partite in Busa con la Juniores di Foroni, Speme, Virtus e SonaMazza. Fu per me una piccola rivincita presentarmi al Presidentissimo Gianfranco Casale che si chiedeva chi fossi: “Piacere, Pennacchioni Marco, un ragazzo del Porta Nuova di Franco Frasi”.

Il sabato o la domenica mattina quando non ero in panchina con le mie squadre, venivo spesso volentieri a vedermi una partita ei granata ed un paio di anni fa fui agganciato da Enrico Conterno e Giovanni Paloschi: ci misero poco a convincermi ed eccomi qua.

A chi si ispira il Tuo credo calcistico?

Non saprei cosa rispondere: a tanti e a nessuno in particolare. 

I concetti sono semplici e ben noti: se la palla ce l’abbiamo noi gli avversari non possono segnare ma lo possiamo fare noi, ma se abbiamo noi la palla, dobbiamo saperla gestire bene.  Ed infine: è più importante fare un gol in più o prenderne uno in meno? Di sicuro a me piace tenere la palla distante dalla nostra porta.

Cercare di trasmettere e applicare questi concetti ai Ragazzi non è sempre uguale, perché cambiano i tempi, cambia l’età, cambiano le caratteristiche e le qualità dei Ragazzi. E’ necessario farlo cercando di farli soprattutto divertire.

Ma qual è il tuo progetto, la tua idea di calcio giovanile?

Non è un’idea limitata al calcio ma un sogno più ampio che comprende tutta la mobilità e l’attività fisica dei ragazzi, che dovrebbe contemplare fino ai 12 anni - e non solo - diverse discipline sportive, sia di squadra che individuali. Un progetto che dovrebbe coinvolgere la scuola con una crescita civica e sportiva direttamente proporzionale: “mens sana in corpore sano”.

Il futuro del calcio come lo vedi?

Non lo vedo bene perché negli ultimi anni il calcio professionistico è lo specchio della società attuale, se non peggio: spesso ne concentra gli aspetti negativi. Ci stupiamo noi per primi e i media danno risalto ad un campione viziato che fa una cosa del tutto normale come farsi la spesa o portare fuori l’immondizia … sembra una esagerazione, ma è la realtà.

Il calcio giovanile e dilettantistico qualche volta vuole scimmiottare i professionisti.

Purtroppo aziende e sponsor cercano visibilità solo nei professionisti; il calcio dilettante e giovanile continuerà ad arrancare per costruire le basi pulite e sane della società.

 Chiudiamo con un tuo personale augurio, ti va??

Come saluterei i nostri Butei e tutti i guerrieri e tifosi della Busa;: “Aka-Toroooooo” che significa scrollarsi le cose brutte e ritrovarsi insieme per giocare e sorridere! 

Nicola Manzini

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